Fascinazioni

Luce d’Eramo

 

Quando ero nei lager mi chiedevo continuamente: “Quando ci si deve ribellare? Se la gente non avesse subìto e accettato passivamente, sarebbe arrivato il nazismo agli estremi cui è arrivato?”. C’erano nei lager circa 20 milioni di persone tra deportati e lavoratori immigrati e non s’è trovato il modo di ribellarsi. E tutti gli altri paesi del mondo che facevano nel frattempo? Non erano stati a guardare?
Ripeto: nel mio libro Nucleo zero ho affrontato questa domanda cercando di darmi una risposta. I giovani terroristi dicevano: “Ci si deve ribellare prima che succeda di nuovo ciò che è successo nel ‘40”. Si chiedevano cioè quello che m’ero chiesta io negli anni bui del lager.
Quando è iniziato il terrorismo, quello delle Brigate Rosse, ho rivissuto il dilemma, le mie paure di allora, e ho scritto quel libro a Parigi nel 1972 con il titolo Le bande rosse, per tentare di capire. Poi l’ho riscritto nell’80 a Berlino col titolo definitivo (dopo otto anni di sedimentazione nel cassetto). I miei nucleisti erano terroristi a modo loro, non volevano la violenza, non volevano uccidere, facevano rapine e sequestri per autofinanziarsi, per, a poco a poco, conquistare il potere e toglierlo agli altri. Era un progetto irreale: per non essere “sputtanati”, hanno dovuto uccidere.
Ho esaminato fino all’ultimo, fino al midollo, cosa fosse possibile ottenere con la sovversione armata: il terrorismo non risolveva nulla. Anzi ho scoperto che per esistere aveva bisogno del megafono, di azioni eclatanti, dunque era un prodotto, sia pure ribaltato, della “civiltà” pubblicitaria, per cui era necessario che il capitalismo vivesse per farlo vivere. Ripeto ancora: con questo libro ho consumato il sogno della ribellione violenta.
Ma è anche vero che continua a esistere la possibilità che insorgano situazioni in cui rivoltarsi sia necessario per non essere ridotti in schiavitù. Ma prima ancora di chiederci: “Quando ribellarsi?”, la domanda da porci è: “Come prevenire la sopraffazione? Mi accorgerò a tempo della sua minaccia per disinnescarla prima che esploda?”. Questa è per me la funzione della cultura: prevenire la necessità di ricorrere alla violenza. Occorre informarsi, osservare, riflettere, tenendo a mente che la sopraffazione può sempre avverarsi e il suo volto non avrebbe impressa alcuna crudeltà, solo inconsapevolezza, indifferenza al dolore.

 


Luce d’Eramo, Io sono un’aliena, Feltrinelli 2025. Conversazione con Paola Gaglianone e altri scritti. Prefazione di Margaret Mazzantini. Con un testo di Marco d’Eramo.

Lascia un commento

Il tuo indirizzo email non sarà pubblicato. I campi obbligatori sono contrassegnati *