Fascinazioni

Vittorio Bodini

 

Come farò 

Come farò
a diventare antico
almeno fino ai secoli in cui un demone
sveniva in ogni bianco giglio
e l’universo era già tutto scritto
in un rampante agreste mosaico?
Essere un angelo che dice
dalla bocca Iesu Iesu in un dorato cartiglio
al tempo delle pietre preziose che avvelenavano.
Lasciatemi uscire da questa vita,
non dalla vita, signor Cristo.
Vi sono anime fatte per domandare
e altre per rispondere:
la mia è una persiana verde con due occhi dietro,
la mia è un remo rosso tra i vivai di cozze
che il pescatore aggira sullo Ionio
lentamente immergendolo
in quell’azzurro che non sa mentire.

 

*

 

Canzone semplice dell’esser se stessi

L’edera mi dice: non sarai
mai edera. E il vento:
non sarai vento. E il mare:
non sarai mare.

I cenci, i fiumi, l’alba della sposa
mi dicono: non sarai cencio né fiume,
non sarai alba della sposa.

L’àncora, il quattro di quadri, il divano-letto
mi dicono: non sarai noi,
non lo sei mai stato.

E così il sogno, l’arco, la penisola,
la ragnatela, la macchina espresso.

Dice lo specchio:
come vuoi essere specchio
se non sai dare altro che la tua immagine?

Dicono le cose: cerca d’esser te stesso
senza di noi.
Risparmiaci il tuo amore.

Io fuggo da ogni cosa delicatamente.
Provo a esser solo. Trovo
la morte e la paura.

1962

 

*

 

Io avevo una pietra

Io avevo una pietra
e questa pietra aveva un orizzonte
e l’orizzonte un desiderio
di spaccarsi, di fendersi
in melagrane,
in bianchi muri di calce
secondo un disegno che era
il disegno della mia morte.

È con la propria morte
che bisogna abitare,
la propria morte accettare
come la vuota ombra
d’un cane bianco, ritagliato
nella carta velina
che parte e torna
dai suoi viaggi nel nulla
e quelle corse, quel muso
alzato verso di noi
creano una tenerezza.

Ma ormai
senz’ombra
senza pietra come
come farò a sapere
dove sono, fino a che punto sono morto
o vivo
le cose da lasciare
e quelle da prendere.
È la caverna, è la caverna.
È la caverna dell’uomo
che ha i pantaloni stirati.

Ma i ginocchi celesti dell’infanzia
scorticati, gloriosamente piagati
quale vecchio pallone
incalzano, gonfiato con la pompa
da bicicletta, attenti
a prevederne ogni rimbalzo falso?

E ancora:
quand’è che è cominciato tutto questo?

Aprile 1960

 


V. Bodini, Tutte le poesie, BESA 1997. A cura di Oreste Macrì.

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