Nichita Stănescu, Le non parole, FinisTerrae di Ibis 2024
Ho dormito sul taglio d’osso di una spada,
finché è divenuto la mia spina dorsale,
finché un corpo nuvoloso e cupo
ne ha ricoperto il lucido e lo scivolare della guada,
per questo continuo a colpire le cose
con la tempia, con l’orecchio
col timpano, con ciò che sono e sento
e cerco di recidere loro la pariglia,
l’ombra, il fondamento.
Ma le cose ridono nella loro lingua
della mia vittoria, della sua gloria, delle ciglia
arrossate, del silenzio dei muscoli,
della spada che si spezza in due e in tre parti.
Le non-parole, pubblicato nel 1969 e qui tradotto integralmente, è forse l’ultimo grande libro di Nichita Stănescu, un capolavoro eccessivo e corrusco che chiude con modalità ricapitolative, la mirabile, irripetibile stagione degli anni Sessanta. In esso, si ritrovano tutti gli elementi e le dimensioni della sua poesia, che tanto avevano colpito, per la loro oltranza e per la folgorante originalità, i lettori dei suoi primi volumi: un grande Teatro della Mente, sulla cui scena, come nei contrasti medievali, disputano disincarnate allegorie (la lotta dell’Occhio con lo Sguardo, del Cuore con il Sangue, di Giacobbe con l’Angelo), una inesauribile vena immaginifica, in cui l’immanenza più radicale va di pari passo con una metafisica visionaria, che sembra rinegoziare ogni volta i confini e le possibilità del Reale, una incessante lotta della poesia con la lingua, allo stesso tempo ludica e serissima, giubilante e dolorosa, che vuole ribaltare una volta per tutte il rapporto tra le Parole e le Cose.
Dal risvolto
N. Stănescu, Le non parole, FinisTerrae di Ibis 2024. Traduzione di Dan Octavian Cepraga.
Nichita Stănescu (Ploiești 1933 – Bucarest 1983) è probabilmente l’autore più importante e carismatico della poesia romena del secondo Novecento. Quasi del tutto sconosciuto fuori dai confini della Romania, Nichita gode in patria di una ammirazione incontrastata ed è oggetto di un culto, intellettuale e popolare, tuttora vivissimo, fondato su di un’opera e di un’esistenza intense ed esemplari, in cui vita e poesia si sono inestricabilmente intrecciati. I suoi libri hanno ridisegnato il volto della lingua poetica romena, proponendo una poesia di altissimo respiro che, come poche altre, ha saputo riannodare i fili e riformulare le poste in gioco ultime del discorso lirico europeo.
In copertina: Hervé Bordas, L’arbre de Victor, novembre 2023, acrilico su giornale.