Esperienze

Intervista di Manuela Valentini a Marcello Tedesco su “A vrés. Cesare Zavattini-Marcello Tedesco” in mostra al KAPPA-NöUN di San Lazzaro di Savena (BO)

 

Belle e da oggi possibili. Il merito va a Marcello Tedesco, artista e curatore bolognese che, per la prima volta in assoluto, è riuscito a “svelare” i tesori della collezione Massimo Soprani, un vasto corpus di documenti, appunti, quadri e incisioni che ha a che fare con Cesare Zavattini. Soprani è stato lo storico segretario del “padre” del Neorealismo italiano, nonché suo fraterno amico. Questo immenso patrimonio è stato oggetto di due appuntamenti culturali promossi dallo stesso Tedesco, allo scopo di riportare la giusta attenzione a proposito della figura e dell’operato di Zavattini. Il primo ha avuto luogo circa un anno fa al Museo Temporaneo Navile di Bologna, mentre il secondo è ancora in corso all’associazione culturale Kappa-Nöun del collezionista Marco Ghigi (via Lambertini 5, San Lazzaro di Savena). Lì, fino al 15 dicembre, sono esposti sei dipinti inediti di Zavattini accanto a due opere – scultoree e non – di Marcello Tedesco. A vrés – questo il titolo dell’esposizione a cura di Antongiulio Vergine – è visitabile tutti i giorni su appuntamento (kappanoun@gmail.com).

Cesare Zavattini, Autoritratto in blu, 1975

  

Tedesco, quando e come è nata la sua passione per Cesare Zavattini?

«Tutto è cominciato circa tre anni fa, quando Laura Soprani mi ha invitato a vedere la collezione di famiglia legata a Zavattini. Laura è figlia di Massimo, storico segretario del maestro, nonché detentrice di un patrimonio immenso che testimonia ancora oggi la forte amicizia intercorsa fra i due in passato. Salutandomi, Laura mi ha regalato una copia de “La notte che ho dato uno schiaffo a Mussolini”, un libro scritto da Zavattini nell’76, la cui lettura mi ha subito spinto ad approfondire ulteriormente le conoscenze che già avevo di lui.»

A quel punto immagino abbiate incominciato a progettare…

«Sì. Dopo varie vicissitudini dovute all’insorgere della pandemia – nel febbraio 2021, al Museo Temporaneo Navile di Bologna e con il benestare di Laura – sono riuscito ad organizzare “Aspettando Za”, una mostra a mia cura sempre dedicata al maestro. In quel frangente ho presentato al pubblico soltanto pochissime opere d’arte di Zavattini, poiché il mio obiettivo era far conoscere più che altro la sua figura “stratificata”. Poi il lock-down ci ha costretti a chiuderla, così ho colto l’occasione per produrre all’interno del museo; in particolare, ho dato forma all’opera intitolata “Gruppo scultoreo” che oggi costituisce parte della mostra al Kappa-Nöun»

Ebbene, dopo tutta questa attesa “Za” è arrivato e, a San Lazzaro, svelerà un aspetto del tutto inedito: 6 tele che racchiudono i segni di una mano straordinaria. Ci racconta qualcosa di più a proposito dei quadri in mostra?

«Si tratta di dipinti che risalgono agli anni ’70; fanno sempre parte della Collezione Soprani ed effettivamente possono dirsi inediti, perché, a parte quell’episodio al Navile, non sono mai stati esposti prima. Insieme al curatore, abbiamo scelto di presentare degli autoritratti in quanto genere pittorico che ha rappresentato quasi un’ossessione per lui. L’autoritratto zavattiniano è molto simbolico e, in quanto tale, deve essere letto come archetipo dell’essere umano, dell’umanità intera.»

Marcello Tedesco, Sigillo per orientarsi nello spazio, 2021

 

Invece, le sue opere come si inseriscono in questo contesto?

«I focus della mostra sono principalmente due: l’essere umano e il rapporto tra materiale e immateriale. Facendo riferimento al già citato “Gruppo scultoreo” e parlando di questi temi, non avrei potuto utilizzare altro che la creta, in quanto materiale legato all’uomo da sempre. Questa scultura si compone anche di un elemento in cloruro che, dissolvendosi con l’umidità, richiama invece l’ossatura dell’essere umano. Quindi, possiamo dire che il punto di contatto tra l’arte di Zavattini e la mia consiste proprio in questa illusione di dissolvenza. Pertanto, il vuoto è l’impensato, ciò che aspetta ancora una formulazione, sia nei contenuti, sia nelle forme.»

Cosa significa il titolo della mostra “A vrés”?

«”Io vorrei” in dialetto luzzarese ed è anche il titolo di una poesia di Zavattini raccolta nel volume omonimo edito da Bottazzi nel 1986. Anche in questo caso vi è un riferimento al desiderio di dare voce all’impensato come mezzo per sciogliere e ricreare collettivamente una visione nuova dell’essere umano.»

Manuela Valentini


A VRÉS. CESARE ZAVATTINI-MARCELLO TEDESCO
A cura di Antongiulio Vergine
Dal 20.11.2021 al 15.12.2021

KAPPA-NöUN, via Imelde Lambertini 5
San Lazzaro di Savena (BO)

Orari: tutti i giorni dalle 16.30 alle 19.30 su appuntamento.
Contatti: 3270439562
kappanoun@gmail.com
antongiuliovergine@gmail.com

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