Trasfusioni

Johann Wolfgang Goethe, Alla luna piena che sorge, a cura di Antonio Devicienti

 

Alla luna piena che sorge
Dornburg, 25 agosto 1828

Mi abbandonerai subito?
Un momento fa eri così vicina!
Ti oscurano masse di nuvole
e ora sei scomparsa: tutta.

Ma puoi sentire come sono triste,
e il tuo alone occhieggia come una stella!
Mi testimoni che sono amato,
fosse pure il caro amore ancora così lontano!

Sù in alto, allora! sempre più splendente,
orbita pura di totale bellezza!
Il cuore mi batte anche più veloce, dolorante –
sublime è la notte.

 

 

Dem aufgehenden Vollmonde
Dornburg, den 25. Aug. 1828

Willst du mich sogleich verlassen?
Warst im Augenblick so nah!
Dich umfinstern Wolkenmassen
Und nun bist du gar nicht da.

Doch du fühlst, wie ich betrübt bin,
Blickt dein Rand herauf als Stern!
Zeugest mir, daß ich geliebt bin,
Sei das Liebchen noch so fern.

So hinan denn! hell und heller,
Reiner Bahn, in voller Pracht!
Schlägt mein Herz auch schmerzlich schneller,
Überselig ist die Nacht.

 


Alla luna piena che sorge è una delle liriche dell’estrema maturità di Johann Wolfgang Goethe e possiede almeno una duplice valenza: da un lato è legata al ricordo di Karl August von Sachsen-Weimar-Eisenach (colui che nel 1775 aveva invitato il poeta a Weimar dando inizio a un sodalizio anche amicale oltre che professionale e culturale)  morto il 14 giugno 1828, dall’altro rappresenta uno dei momenti più alti del dialogo goethiano con la natura e della sua meditazione sulla morte.
La luna piena rappresenta l’amico da poco scomparso capace di risplendere, pur nella vertiginosa lontananza, di una luce che eleva, ma è anche l’astro lunare che, pur oscurato dalle nubi, fa avvertire al poeta l’amore cosmico che si dà a vedere infine come plenilunio che trionfando rende sublime la notte.
Goethe, che negli anni giovanili, imbevuto di cultura classica, “sentiva” la luna di genere femminile (di contro al genere maschile del tedesco “Mond”) a tal punto da usare nei suoi testi il termine “Luna”, aveva condotto per tutta la vita una sorta di dialogo con l’astro – ma non solo: tra i suoi disegni del soggiorno romano (durante il viaggio in Italia tra il 1786 e il 1788) ce n’è uno che ritrae anche la luna piena sulla Piramide Cestia – topos dell’intera tradizione lirica sia occidentale che orientale, la luna della maturità goethiana assurge a incarnazione della presenza-assenza, della vicinanza-lontananza, del superamento, cioè, di dicotomie che vengono percepite invece, in una sorta di coincidentia oppositorum, quali stati esistenziali compresenti e in continuo divenire.

L’immagine è tratta dal Goethezeitportal http://www.goethezeitportal.de/index.php?id=2257.

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