T. S. Eliot, Marina, traduzione di Flavio Ferraro
Quis hic locus, quae
regio, quae mundi plaga?
Che mari che rive che scogli grigi e che isole
che acqua lambisce la prua
e odore di pino e il canto del tordo
nella nebbia
che immagini ritornano
o figlia mia.
Coloro che affilano il dente del cane, significando
morte
coloro che splendono con la gloria del colibrì,
significando
morte
coloro che si adagiano nel porcile della contentezza, significando
morte
coloro che soffrono l’estasi degli animali, significando
morte
Sono divenuti incorporei, rimpiccioliti da un vento,
un soffio di pino, e la nebbia del canto
dissolta in spazio da questa grazia
Che volto è questo, meno chiaro e più chiaro
il pulsare nel braccio, meno forte e più forte —
donato o dato in prestito? Più lontano delle stelle e più vicino
dell’occhio
sussurri e piccole risa tra le foglie e passi
affrettati dal sonno, dove tutte le acque si uniscono.
Il bompresso spaccato dal gelo e il colore screpolato dal caldo.
Ho fatto questo, ho dimenticato
e ricordo.
Il fragile cordame e le vele marcite
tra quel giugno e un altro settembre.
Ignaro ho fatto questo, appena cosciente, sconosciuto, mio.
Il fasciame fa acqua, hanno bisogno di stoppa le fessure.
Questa forma, questo volto, questa vita
vive per vivere in un mondo di tempo al di là di me; che io
affidi la mia vita per questa vita, la mia parola per il non detto,
il risvegliato, le labbra aperte, la speranza, i nuovi bastimenti.
Che mari che rive che isole di granito incontro ai miei
legni
e il tordo chiama nella nebbia
figlia mia.
Quis hic locus, quae
regio, quae mundi plaga?
What seas what shores what grey rocks and what islands
What water lapping the bow
And scent of pine and the woodthrush singing through
the fog
What images return
O my daughter.
Those who sharpen the tooth of the dog, meaning
Death
Those who glitter with the glory of the hummingbird,
meaning
Death
Those who sit in the stye of contentment, meaning
Death
Those who suffer the ecstasy of the animals, meaning
Death
Are become unsubstantial, reduced by a wind,
A breath of pine, and the woodsong fog
By this grace dissolved in place
What is this face, less clear and clearer
The pulse in the arm, less strong and stronger —
Given or lent? more distant than stars and nearer than
the eye
Whispers and small laughter between leaves and hurrying
feet
Under sleep, where all the waters meet.
Bowsprit cracked with ice and paint cracked with heat.
I made this, I have forgotten
And remember.
The rigging weak and the canvas rotten
Between one June and another September.
Made this unknowing, half conscious, unknown, my own.
The garboard strake leaks, the seams need caulking.
This form, this face, this life
Living to live in a world of time beyond me; let me
Resign my life for this life, my speech for that unspoken,
The awakened, lips parted, the hope, the new ships.
What seas what shores what granite islands towards my
timbers
And woodthrush calling through the fog
My daughter.
Eccellente lavoro!!!