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Maurice Blanchot, La scrittura del disastro, Il Saggiatore 2021

«Scrivere è follia, sorta di veglia fuori coscienza, tensione al limite del non sopportabile di cui si parla con terrore e non senza un sentimento di gloria. Il fatto è che la gloria è il disastro.»

Dalla quarta di copertina.

«Leggere, scrivere, come si vive sotto la sorveglianza del disastro: esposti alla passività fuori passione. L’esaltazione dell’oblio. Non sarai tu a parlare; lascia parlare in te il disastro, non importa se attraverso l’oblio o il silenzio.» Ultima fra le opere teoriche di Maurice Blanchot, La scrittura del disastro risponde alla necessità di riflettere sul tema del linguaggio poetico e letterario che si era imposta imperiosa con Lo spazio letterario, ma che qui va oltre – «al di là» – il problema di dire ciò che è, al di là del bisogno di appagamento, al di là della descrizione di una totalità. E una ricerca che rompe questa totalità, che turba ogni cosa, e prima di tutto la scrittura. Ha a che vedere con l’interruzione, con la frammentazione, con la catastrofe. Con il disastro. La scrittura stessa allora si frantuma, soccombe a un’esigenza che non trova – che non cerca – la redenzione, ma un’altra possibilità di se stessa. La scrittura diventa qualcosa che porta al meno, all’oblio, al non detto, al mai cominciato. Blanchot recupera gli scrittori amati, antichi (Ovidio) e moderni (Kafka, Melville, Hölderlin), e si confronta con maestri del pensiero come Heidegger e Levinas, per scavare nella non possibilità della parola letteraria, nella possibilità del silenzio senza scopo. Sullo sfondo, Auschwitz, che rivela e mette a nudo «tutte le caratteristiche di una civiltà» e che impone di continuare a «vegliare, senza posa, sull’assenza smisurata». Con uno stile che, adattandosi al disastro, si fa fratto e ossimorico, Maurice Blanchot invita alla lettura chiedendole di rinnovarsi e continua la meditazione che ha praticato (e che lo ha guidato) per tutta la vita, scardinando quanto è venuto prima. Perché «c’è domanda, eppure nessun dubbio; c’è domanda, ma nessun desiderio di risposta; c’è domanda, e nulla che possa essere detto, ma solo da dire».

M. Blanchot, La scrittura del disastro, Il Saggiatore 2021. Traduzione di Federica Sossi.

Titolo originale: L’écriture du désastre, Éditions Gallimard1980.

Maurice Blanchot (Quain, 1907 – Le Mesnil-Saint-Denis, 2003) è stato un romanziere, critico letterario e filosofo francese. Delle sue opere pubblicate in Italia si ricordano La follia del giorno (Filema, 2001), Lautréamont e Sade (SE, 2003) e La conversazione infinita (Einaudi, 2015). Il Saggiatore ha pubblicato Lo spazio letterario (2018), Il libro a venire (2019) e Passi falsi (2020).

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