José Ángel Valente
IL CORPO dell’amore diventa trasparente, usato come fosse dalle mani. Ha cappe di tempo e umidi, stagnanti depositi di luce. Suo specchio è la memoria in cui ardeva. Venire a te, corpo, corpo mio, dove il mio corpo dorme in tutte le tue salive. In questa notte, corpo, illuminata verso il centro di te, non cerca l’alba, non si desta il cantore.
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E TU, da che parte del mio corpo stavi, anima, che non mi hai soccorso?
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IMMERSIONE della voce. Le acque. Entrasti nell’origine. Testa decapitata vicino al mare. Poi non restano altri silenzi.
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I PERSONAGGI si cancellarono. Rimase solo un residuo non leggibile. La memoria li andava divorando fino ad estinguere il loro nome. Sala vuota, disertato tumulo quello di ieri, il suo mai. Gessi oziosi, parrucche polverose, crasse figure tonsurate nel prolungamento senza fine delle soffitte. Memoria sua, dicono; ti chiedi di che, di chi, di quando, di quale morte.
(Antimemorie)
J. Á. Valente, Non si desta il cantore, Edizioni dell’Orso 2016. Traduzione e nota traduttiva di Stefano Pradel.