Carlo Levi, Paura della libertà, Neri Pozza 2018
«Da questo libro raro nella nostra letteratura deve cominciare ogni discorso su Levi».
Italo Calvino
«La paura della libertà è il sentimento che ha generato il fascismo. Per chi ha l’animo di un servo, la sola pace, la sola felicità è nell’avere un padrone e nulla è più faticoso e veramente spaventoso dell’esercizio della libertà».
Carlo Levi
Dalla quarta di copertina
Sulla spiaggia di Le Baule, mentre le divisioni corazzate tedesche corrono le pianure della Polonia e si preparano a invadere la Francia, l’autore trentasettenne cerca di fissare lo sguardo sulla crisi della cultura europea e di interrogare le ragioni che hanno condotto un’intera civiltà al suo esito catastrofico.
Con una scrittura insieme fresca e ambiziosa, Levi sottopone a una critica implacabile la religione (che trasforma il sacro in sacrificio), lo Stato (l’idolo sociale per eccellenza, da cui la politica occidentale in tutte le sue forme non riesce a liberarsi), la guerra, il sangue, la massa, l’amore e l’arte. Ed è solo a partire dalla libertà dischiusa da questo percorso allucinato e quasi profetico che le opere successive di Levi, da Cristo si è fermato a Eboli a L’orologio acquistano il loro vero senso, che è quello di una testimonianza che non riguarda il passato, ma il nostro presente.
C. Levi, Paura della libertà, Neri Pozza 2018. Introduzione di Giorgio Agamben.
Carlo Levi è stato un pittore e scrittore italiano (Torino 1902 – Roma 1975). Laureato in medicina, fin dal 1923 si dedicò alla pittura frequentando lo studio di Felice Casorati. Nel 1945 pubblicò Cristo si è fermato a Eboli, opera seguita poi da L’orologio (1950), Le parole sono pietre (1955), Il futuro ha un cuore antico (1956), La doppia notte dei tigli (1959), Tutto il miele è finito (1964).