Questo si chiedeva l’uomo nel giardino d’inverno,la fine della fine, cosa poteva essere?Non gli sembrava affatto una forma di sofferenza,guardò fuori, vide una nuvola
Sotto la croce XIV Stazioni I Sedetevi qui, mentre io prego Le pietre tra Le aiuole ricordano I frantoi di una volta Era una giornata di febbre Poi come una convalescenzaIl
Essere la luna alla finestra o il tuo modo di incastonare dentro l’iride la sua luce e ripetersi ogni vicissitudine della carne i volti in differita dallo spazio sublinguale io non so quale amore circoncide
E le ferite quelle sue ferite Spaccature neri vicoli ciechi Che un po’ schiumano e un po’
Se mi fosse dato scegliere, aprirei il mio corpo con un’ultima, lunga, verticale cerniera rivolterei il dentro, con il fuori farei, della corda cui si
Non pensi nulla però la prego. I pensieri fanno un rumore sgradevole: unghie sul marmo. L’unica cosa che non riga il silenzio, che non ci fa quelle
Hai le mani negli occhi e non smetti di morire. Vivere evapora. O la pietà ti muore tra le mani. Ma cosa può dirsi cosa?
(Senza più il rischio di un naufragio) Tenere insieme i pezzi per come occorre, per come è possibile. Le mani nella fessura del legno offrono
da Labiali, Pietre Vive 2016 Non parlerò del sud, e delle friselle da salvare degli operai che urlano e fanno straordinari per non stare a casa con
I. La notte, tu ricordi. Incolli l’orecchio alla porta delle parole. Cogliere il segreto di cui si circondano ti aprirebbe il cammino di un’infanzia a