Fascinazioni

Alberto Giacometti

 

«Ieri non ha lavorato a memoria?», gli chiesi. «Ho studiato un altro quadro fino all’alba. Devo procedere in questo modo, passando dalla rappresentazione dal vivo alla memoria e viceversa. È solo quando si riesce a lavorare attraverso i ricordi che diventa possibile rappresentare dal vivo in maniera corretta, ma questi due processi devono essere portati avanti usando due opere differenti», mi spiegò e la sua risposta mi fece tirare un sospiro di sollievo. Se non avesse fatto così, di notte avrebbe sicuramente distrutto quello che aveva dipinto durante la giornata. Come era accaduto negli altri giorni, all’inizio della seduta il pennello procedeva spedito. «Iniziamo», disse. «Se fossi costretto a finire entro oggi non riuscirei a combinare niente di buono. Lavorare dominati dal pensiero di portare a termine qualcosa è davvero inutile». «Ma in dieci giorni i progressi saranno enormi, vero?», provai a suggerire. «Senz’altro. Inoltre, non si procede sempre allo stesso modo, la velocità aumenta. Oggi il doppio di ieri, domani quattro volte più di oggi, dopodomani otto volte più di domani, è così che funziona il progresso. Nella sola giornata di oggi potrò fare più di quello che ho fatto durante tutta la scorsa settimana». Poi aggiunse: «Vorrei anche scolpire il tuo ritratto, sono certo che ne verrebbe fuori un’opera fantastica. Sicuramente sarebbe diversa da tutte le sculture che ho fatto finora, considerando i passi avanti di questi ultimi giorni, I risultati ottenuti con la pittura cambieranno radicalmente il mio modo di scolpire». «Se quest’opera dovesse venire male, allora vorrebbe dire che ho fallito come artista. Non significherebbe soltanto che non riesco a fare il tuo ritratto, significherebbe che non sono in grado né di dipingere né di scolpire alcunché. In quel caso, meglio che cambi professione, potrei fare il contadino o magari lo stagnino, ne guadagnerebbe il mondo intero. A dirla tutta, è solo l’egoismo che mi spinge a occuparmi di pittura e scultura». «La capisco», dissi. «Un vero artista è sempre torturato dal dubbio. Tuttavia l’essere fedele alle pulsioni intrinseche della propria natura non è vero egoismo. Anche volendolo, è un impulso che non si può contrastare, addirittura si potrebbe dire che è un obbligo che in qualche modo trascende l’artista stesso».
«Ho amato la pittura fin da quando ero bambino», raccontò Giacometti e, dopo aver ricordato alcuni momenti della sua infanzia trascorsi nell’atelier del padre pittore, disse: «La pittura non è altro che una manifestazione del mio puro egoismo, non posso produrre alcuna prova che giustifichi il mio lavoro. Le cose sono due: o ho scelto la via dell’arte per soddisfare il mio egoismo oppure per la mancanza di volontà di perseguire una professione seria. In ogni caso non ‘è niente di buono nell’essere un artista, anzi, è piuttosto qualcosa di perverso».


I. Yanaihara, I miei giorni con Giacometti, Giometti & Antonello 2021. Traduzione di Isabella Dionisio.

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