David Le Breton, Fuggire da sé, Cortina 2016
[…] Rinunciare a sé è talvolta l’unico modo per non morire o per sfuggire a qualcosa che sia anche peggiore della morte. Non è più questione di slittare nel “io è un altro”: qui, “io è altrove, ma non m’importa”. Un tentativo di continuare a vivere ma alleggeriti dallo sforzo di esistere: ne traspare distanza, una certa stanchezza, non però il desiderio di morire. Collocarsi fuori di sé per riprendere il fiato, non essere più lì ma riservandosi di farvi eventualmente ritorno. Spersonalizzazione deliberata, per così dire sperimentale, mirata non già a esplorare altri mondi, bensì a liberarsi del peso di essere se stessi. Immersione in un tempo rallentato, addirittura un arresto del tempo, un dileguarsi che annulla la durata e impedisce di proiettarsi nel futuro. L’individuo desiste, molla la presa, smette di tenersi aggrappato a un reale che gli è di peso. L’esistenza non ha più alcun sapore, la si percepisce lontana, indifferente: invita a una rinuncia tranquilla, è un modo di lasciare che le cose avvengano. La durata compie il suo percorso senza che l’individuo, spogliatosi di ogni responsabilità in seno all’interazione, vi partecipi. Ritiratosi dal mondo, non si sente più coinvolto. In tal caso, l’indifferenza è una forma di atarassia epicurea o di apatia stoica: impassibilità di fronte a ciò che accade. […]
Dal capitolo 1
L’esistenza a volte ci pesa. La società contemporanea esige da noi un’affermazione permanente, la continua reinvenzione della vita, il successo. E se qualcuno non si sente all’altezza? Subentra allora la tentazione di lasciare la presa, di assentarsi da sé divenendo irraggiungibili, che può manifestarsi in forma di fuga nell’alcol, nelle droghe, nel gioco, nella follia, o può assumere il carattere di una fuga vera e propria, quando non si lasciano tracce di sé, scegliendo per esempio di vivere “nelle terre estreme”. Eppure, la volontà di sottrarsi al legame sociale è, a volte, la condizione per continuare a vivere, per inaugurare un rapporto nuovo con sé, con gli altri e con il mondo.
Ricchissimo di spunti antropologici e letterari, il saggio di Le Breton affronta un tema di grande fascino e, non da ultimo, invita il lettore a riscoprire alcuni grandi autori della “fuga da sé”, tra i quali Emily Dickinson, Robert Walser, Fernando Pessoa.
Dalla quarta di copertina
D. Le Breton, Fuggire da sé. Una tentazione contemporanea, Cortina 2016. Traduzione di Maria Gregorio.
Titolo originale: Disparaître de soi. Une tentation contemporaine, © Éditions Métailié 2015.
David Le Breton, sociologo e antropologo, insegna all’Università di Strasburgo. In questa collana ha pubblicato Il sapore del mondo (2007) e Esperienze del dolore (2014).