Fascinazioni

Elémire Zolla

 

I NUMERI COME ARCHETIPI

L’esperienza metafisica attua l’infinita unità. L’uno si rispecchia e in tal modo, tornando su se stesso, si invera come nuovo Uno, che è due e così diventa via via tutti i numeri successivi. Ogni numero, essendo un’unità, è un ritorno parziale all’Uno, non esiste se non in quanto manifesta, simboleggia l’Uno. La «produzione» dei numeri successivi opera, per traslato, come azionando una leva: le elevazioni sono dovute a pressioni in senso opposto. Questa genesi a granchio dei numeri ossessionava Emily Dickinson, che vi leggeva, come appare dalla poesia che segue, un insegnamento intorno all’essenza della vita: l’infinito è l’unità indivisa e non moltiplicata, ogni molteplicità è un’inganno. Nei momenti di massimo significato siamo unici e soli con noi stessi, in inglese «solo», alone, è composto da all one, tutt’uno. Nell’unità ciascuna cosa è ogni altra, vige la simmetria totale; la coscienza come inquadramento binario, per opposti, è superata. La coscienza può soltanto accostarsi asintoticamente all’unità, diventando marginale ad essa. Nel Mahâbhârata (XII) il paradosso è nitidamente enunciato: in samâdhi non si ode, non si fiuta, non si degusta, si è come un ciocco, un ceppo, una pietra, come una fiamma in un’aria senza vento. Non si ha coscienza, nel senso che non sussistono più diadi. L’unità è raggiunta «quando non si è più consapevoli con coscienza di sé». Sussiste una consapevolezza senza, come dicevano i mistici, «ritorno su se stessa»; nell’unità non restano caratterizzazioni, splende soltanto la luce originaria e originante della consapevolezza o, se si preferisce, è come se durasse la semplice memoria dell’unificazione, dell’avvenuta concentrazione in unità: l’unità ci assorbe. Emily osò delinearlo:

Uno più Uno – fa Uno
Due – s’è finito di usarlo:
Va bene per le scuole,
Ma per scelte minori,
Per la Vita, nientemeno, o la Morte
O l’Eternità,
Un di più sarebbe troppo vasto
Per la comprensione dell’Anima

(fra parentesi, il particolare aggiunge risonanza alla poesia: la prima versione recava, invece di «minori», «interiori» e invece di «un di più», «due»).

[…]


E. Zolla, Archetipi, Marsilio 1988. Traduzione dall’inglese di Grazia Marchianò.

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