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Alfonso Gatto, Il capo sulla neve. Liriche della Resistenza, Quaderni di Milano sera 1947

 

[…] Perdiamo, stiamo perdendo, l’angoscia che avevamo nel petto al posto del cuore, la distendiamo senza averla placata. Parlo in termini fisici. Mi guardo le mani, le guardavo nelle notti che Milano era deserta sotto la neve e gli spari: allora tutto esisteva con un realismo quasi magnetico. Le mani erano mani più mani, gli occhi, occhi più occhi: eravamo fissati incisi, in noi stessi, come uomini. Fummo prossimi – per me l’ho sentito – alle parole che sono cose, al respiro e alla vita delle parole che sono atti. Resistendo incominciavamo finalmente a durare in noi stessi, a essere. Nessuna «aulicità» era possibile, anche se poi qualche poeta ha detto di aver appeso le cetre agli alberi in segno di lutto. Non si trattava di lutto o di lutti, non si trattava di occupazione o di «piedi stranieri». Era qualcosa di più: era la natura umana offesa. Anche la finzione necessaria ai sentimenti perché si esprimano e alla stessa sincerità perché consista doveva cadere, lasciandoci soli.
Chi non ha sentito il peso del proprio corpo, chi non s’è visto assediato dalla propria faccia in tutta la terra, in tutto il gelo, in tutti i morti incredibili fissati quasi senza pietà per quel cuore duro che dentro ingrandiva, in ogni alba, in ogni notte, nella guerra estesa allo spazio e al tempo senza principio e senza fine, non potrà mai dire di essere esistito o di avere lottato come un uomo offeso. Sarà stato al più un italiano punto sul vivo, un antitedesco, un avventuriero del bene. […]
Come preambolo a una lettura di poesie della resistenza io credo si debbano intendere chiaramente e il valore della poesia e il valore della resistenza: non perdere l’una nell’altra in un compromesso d’occasione storica. Appunto perché per la maggior parte dei casi non s’è trattato altro che di «colore» e di riflessa intonazione morale, se non di piccole apocalissi d’immagini o di «arte», io credo si debba postulare il bisogno che resta vieppiù intatto di un nostro scontro definitivo con la nostra difficoltà di essere, cioè di esistere veramente. Per i poeti, per gli scrittori che sentono e vedono la natura umana offesa ben al di là ormai delle sue tregue politiche tra le guerre, direi che è un dovere uccidere, sterminare l’arte ripiegata sulle irreparabili sconfitte umane. In tal senso la resistenza è appena cominciata e la liberazione è nelle nostre mani di giustizieri o di suicidi. Occorre incominciare a riparare in questa terra al dolore degli uomini.

Dalla premessa di A. Gatto

 

Hanno sparato a mezzanotte

Hanno sparato a mezzanotte, ho udito
il ragazzo cadere sulla neve
e la neve coprirlo senza un nome.

Guardare i morti alla città rimane
e illividire sotto il cielo. All’alba,
con la neve cadente dai frontoni
dai fili neri, sempre più rovina
accasciata di schianto sulla madre
che carponi s’abbevera a quegli occhi
ghiacci del figlio, a quei capelli sciolti
nei fiumi azzurri della primavera.

(1944)

A. Gatto, Il capo sulla neve. Liriche della Resistenza, Quaderni di Milano sera 1947. Prefazione di Massimo Bontempelli.

Alfonso Gatto (Salerno 1909 – Capalbio 1976), tra i maggiori esponenti della poesia ermetica, esordì con Isola nel 1932. Finissimo letterato, critico d’arte e pittore egli stesso, si appassionò ai problemi dell’architettura, occupandosi inoltre di costume, di sport e di cronaca come collaboratore e redattore di vari giornali. Nel 1938 fondò e diresse con Vasco Pratolini «Capo di Marte». Nel 1943 fu incarcerato per antifascismo. Se si escludono l’atto unico Il duello (1943) e il “romanzo eroicomico” La coda di paglia (1949), progettati come testi unitari e tuttavia laterali rispetto alla sua produzione migliore, gli esiti più alti del prosatore sono in due raccolte di articoli ed elzeviri: La sposa bambina (1943) e Carlomagno nella grotta (1962), di cui, vivente l’autore, si ebbero successive edizioni ampliate e rimaneggiate (la seconda con il nuovo titolo Napoli N.N.). Da ricordare ancora Le ore piccole (1975). Altri scritti giornalistici furono editi in volume dopo la sua morte: Sognando di volare (1983), Guida sentimentale di Milano (1988), Cronaca dell’architettura (1992), Viaggio in Lucania (1993).

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