Lingua viva

Riccardo Benzina

 

Giugno. Espirando, un’aria vecchia abbandonavo. Una traccia
e la sua cancellatura – e i sorrisi già sorrisi
piantati come semi in una terra
nera.
Una
elemosina di vento per le ali.

È domenica. Si attende conficcati
come chiodi nel futuro. Il solito
tentare traduzioni, scegliere
la matita più lunga, la gomma
più precisa. Cimentati in un riepilogo. Io
che provo a dire il nome e viene fuori
lacrima
disdetta
linea che non passa
ho bisogno del tuo aiuto amico mio.

Tu sai farlo. Tu rendi questi fili scollegati
dal pianto al discorso
dal cuore all’altro cuore
con dedizione angelica:
è questo il tuo curriculum.

*

Ma quante miglia dista un aggettivo dal sangue.
E quando ci vedremo.

Questa storia è un palazzo invaso
dal tanfo e dai topi e otteniamo
in cambio della cera di aneddoti vaghi mattini
a meno cinque, intere
annualità senza primavera, nascosti nei paesi di un vicinato.
Ai bordi della strada qualche striscia, secca bianca:
sporge l’arnica e la notte che svoltiamo
fuori dal buio nella tangenziale, come da una foce.
Sappiamo le strade secondarie. «Accorcio
dalla periferia».

E non si tollera, non
si lascia dire, al chiuso da millenni che assomiglia
a un calcolo ingombrante questo
rimasuglio d’inquietudine…

*

Madre io vorrei
scrivere il pensiero di un cavallo
che corre, di un uccello che vola.
Ma non ci riesco, e il mio dono
d’amore si fa ogni giorno più grande. Si fa
un inferno affamato una rappresaglia
l’ispirazione di una promessa dico. Quasi che
la bocca nascondesse per davvero ciò che parla
quasi che
la spina potesse per davvero continuare
a reggere gli eccessi della carne.

Ieri ho fatto un sogno in cui ero vivo
ancora, già,
e non di questa strana silice
che sono. Ho avuto assai paura
e grande ebbrezza.
Idillio e dissolvenza.

Ma lo spettacolo è finito, e deve continuare.


R. Benzina, Scenario, Taut 2022.

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