Claudia Di Palma
Tu sei una scarpa, mio Signore,
una scarpa rotta. Raccogli i nostri
passi, le soste, le corse. Noi
così assoluti, tu così precario,
così putrefatto, corpo:
materia che scompare
e resta come un seme la polvere.
*
La parola è un chiodo.
Il verbo che tu incarnavi ti tolse
di mezzo scavandoti piano.
Riconobbi il tuo volto dal vuoto
che vi cresceva rigoglioso al centro.
Da lì tu mi guardavi senza mai
sciogliermi, mi lasciavi ai miei giorni
grossolani, io mi dimenavo
con cose di scarso valore, monili
d’argento, e tu, tutto miseria e vento,
non ti offendevi, dissanguavi in croce.
*
Voglio davvero che tu ti faccia carne
ora che sei un sogno, un sorriso
sfuggito ai chilometri?
Potresti sbiadire da un momento all’altro,
invece mi cerchi
nei ricordi, spingi.
Allora io, polvere o pozzanghera,
svanisco, mentre tu ti ergi.
Sono io a perdere carne.
C. Di Palma, Atti di nascita, Minerva 2021.