Fascinazioni

Francis Bacon

 

[…] L’atto fisico di Bacon, il suo movimento, è una figura strappata al negativo, una ripresa tranciante dell’affermazione erotica. Il Muro si sta incrinando: cadrà presto. «Viviamo quasi sempre dietro a schermi», dice Bacon. «Un’esistenza velata da schermi». Al limite, si tratta soltanto di togliere lo schermo. «Io non dico assolutamente nulla», soltanto «delle figure sorgono dalla propria carne». Ovunque, l’immagine, diretta o differita, è falsa. Bisogna dunque fare il giro della rappresentazione, impadronirsi di tutto lo spazio imbottito di schermi, rendersi irriducibile con contro-immagini immediate, rispondere a botta pronta, «senza che  intervenga il cervello». «Questo sembra venire direttamente da ciò che abbiamo deciso di chiamare l’inconscio, con la schiuma dell’inconscio avvolta intorno, il che fa la sua freschezza» (sottolineatura mia). Surrealismo? Ma no, poiché la «freschezza» e la forza della schiuma «voluttuosa» vengono da Michelangelo. L’inconscio, per Bacon, non ha nulla di strettamente psichico, non annuncia nessun «meraviglioso»: esso è muscolare – diretto come un’onda, «una volontà soggiogata dall’istinto». […]

*

[…] «Sapevo» dice Bacon «che volevo mettere due figure su un letto, e volevo mostrarle mentre copulavano o s’inculavano – quale che sia il nome che vogliate dargli – , ma non sapevo come fare perché quell’azione avesse la forza della sensazione che io provavo per quella cosa. Non ho potuto fare altro che rimettermi alla buona fortuna per tentare di realizzarne una immagine». Detto in altro modo: quello, quale che sia il nome che vogliate dare a ciò, non è ciò che appare nella rappresentazione, ma ciò che avviene nella sensazione. Si sa molto bene come comportarsi nella realtà, ma immaginate la sensazione, questa è un’altra faccenda. Ci si rimette alla buona fortuna, ai «segni della sorte». E se non funziona, si distrugge. «Quale che sia il nome che vogliate dare a ciò»: avete mai sentito una formulazione più distaccata? Più sconvolgente? Più vera? Un’altra volta, Bacon precisa: «Penso sovente ai corpi di persone che ho conosciuto, penso alle forme esteriori di quei corpi che mi hanno particolarmente colpito, ma a quel punto essi si innestano molto spesso sui corpi di Muybridge (sui lottatori). Manipolo i copi di Muybridge dando loro la forma di corpi che ho conosciuto». Scena originaria, come si dice? Senza dubbio. Ma quale che sia la messa in scena, si tratta sempre, in fondo, di scena originaria. L’aggressione, la predazione, l’appropriazione, l’assassinio sono sempre alla base della sessualità, «questo soggetto che non ha mai fine». Dare a vedere che ce ne siamo distinti, conduce automaticamente al martirio (crocifissione). Restano le denegazioni, rimozioni, inibizioni o nevrosi, la cui consistenza rafforza l’effetto di ciò che si è censurato. Così va la macchina della carne. […]


P. Sollers, Le passioni di Francis Bacon, Abscondita 2003. Traduzione di Piero Pagliano.

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