Fascinazioni

Cesare Pavese

 

Uno dei meno osservati gusti umani è quello di prepararsi degli eventi a scadenza, di organizzarsi un gruppo di accadimenti che abbiano una costruzione, una logica, un principio e una fine. La fine è avvistata quasi sempre come un’acme sentimentale, una lieta o lusingante crisi di consapevolezza di sé. Ciò si stende dalla costruzione di una botta e risposta a quella di una vita. E che cos’è ciò se non la premessa del narrare? L’arte narrativa appaga appunto questo gusto profondo. Il piacere del narrare e dell’ascoltare è vedere disporsi dei fatti secondo questo grafico. A metà di un racconto si risale alle premesse e si gode di ritrovare delle ragioni, delle chiavi, delle mosse causali. Che altro si fa ripensando al proprio passato e compiacendosi di riconoscerci i segni del presente o del successivo? Questa costruzione dà in sostanza un significato al tempo. E il narrare è insomma soltanto un mitologizzarlo, uno sfuggirgli.


C. Pavese, Il mestiere di vivere, Diario 1935-1950. Einaudi 2000. Edizione condotta sull’autografo. A cura di Marziano Guglielminetti e Laura Nay. Nuova introduzione di Cesare Segre.

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