Leonardo Sciascia
“Pazzesco” disse Rogas.
“Pazzesco sì” disse il ministro. “Ma io, caro ispettore, appunto giuoco su queste loro pazzesche reazioni. Ci sto in mezzo alternando la protezione alla minaccia. Più credono alla minaccia e più io alzo il prezzo della protezione. Perché gruppi come quelli di Galano e di Narco, e specialmente quello di Narco, di cattolici rivoluzionari, a me fanno comodo. Mi fanno comodo quasi quanto la catena dell’Onesto Consumo, che come lei sa è cosa di Narco. Per dirla brutalmente: consumo (è la parola che fa al caso) l’uovo di oggi e la gallina di domani, stando con loro. L’uovo del potere e la gallina della rivoluzione… Voi sapete qual’è la situazione politica; della politica, per così dire, istituzionalizzata. Si può condensare in una battuta: il mio partito che malgoverna da trent’anni, ha avuto ora la rivelazione che si malgovernerebbe meglio insieme al Partito Rivoluzionario Internazionale; e specialmente se su quella poltrona,” indicò la sua dietro la scrivania, “venisse ad accomodarsi il signor Amar. Ora la visione di Amar che da quella poltrona fa sparare sugli operai in sciopero, sui contadini che chiedono acqua, sugli studenti che chiedono di non studiare: come il mio predecessore buonanima, e anzi meglio; questa visione, debbo confessarlo, seduce anche me. Ma oggi come oggi è un sogno. Il signor Amar non è un imbecille: sa benissimo che io su quella poltrona ci sto meglio di lui; e ci sto meglio nel senso che tutti stanno meglio mentre ci sto il, il signor Amar compreso.”
“Guidato da vostra eccellenza, questo ministero…” cominciò untuosamente il capo della sezione politica.
“È un fantasma, lo so. E so che preferireste prendere ordini dal signor Amar: ma bisogna abbiate pazienza…”
“Eccellenza!” protestò il capo della sezione politica.
“Ma sì, lo so: e non me ne dolgo. Anch’io, ve l’ho detto, cederei volentieri il mio posto al signor Amar. Ma, vedete, questo paese non è ancora arrivato a disprezzare il partito del signor Amar quanto disprezza il mio. Nel nostro sistema, il crisma del potere è il disprezzo. Gli uomini del signor Amar stanno facendo di tutto per meritarlo: e lo avranno. E una volta che lo avranno, sapranno come fare per legittimarlo. Perché il sistema consente di arrivare al potere col disprezzo; ma è l’iniquità, l’esercizio dell’iniquità, che lo legittima. Noi, quelli del mio partito che ci avvicendiamo alla poltrone ministeriali, siamo blandamente iniqui: per costituzione e per contingenza, perché non sappiamo e non possiamo essere più iniqui; lo siamo sempre meno, anzi. E voi avete sete di iniquità. Non soltanto voi della polizia, dico.”
L. Sciascia, Il contesto. Una parodia, Feltrinelli 2003.