Fascinazioni

Jack Hirschman

17.

VIALE DELL’INCROCIO

Il fiume che scorre
               dopo la pioggia
      chiamato donna
un corpo d’acqua che fluisce,
             intima essenza1 dei sassi,
roccia levigata carezza di zafferano
       dalle maniche di schiuma,
il suo foulard gemello
             di quello della sorella.
Macchiato di sole è l’elefante
        che lei cavalca. Germogli verdi
spuntano fuori da enormi macigni.
           Dipingimi! Scolpiscimi!
Poetizzami! lei grida,
              o sono io
      ad aver tradito il bacio
           per un tono, per il Nord
                dai sei toni e la carne
              del sangue inchiostro del drago,
ad aver tradito le inondazioni del Sud
    per i boccioli rosso Viêt
                  sui rami,
            per le palpebre blu dei feti,
       le pupille che emergono blu da
capelli nero di strega
         io che volubile giro
               intorno alla sua cintura?
Non siamo prossimi al Têt2? Ed io
     sottile come carta già in fiamme,
               una medium a cavallo
di una scopa in mezzo ai nitriti
          di Da-Que3.
Y-Chi-Vay non ha che
         da soffiare
               su di me ed io spargerò scintille
di foglia in foglia,
               caratteri divini,
       Lien-He-Chuc, bruciami
fai di me piante, animali.
               Guardandola, mi ritrovo
                        accanto a me stesso.
O sorella della passata notte di luna crescente,
         sei una roccia stamane
                su cui l’ombra di una foglia
         è posata, che
           la mia mano percorre,
tu bisbigli sussurri di un fiume
                                al mio palmo,
              un sogno che fluisce
da Nord a Sud,
          questa chiromanzia, questa
               linea della vita nel dopo vita
                      della vita, prima farfalla
di una primavera nel mezzo dell’inverno,
         la fragranza di una visione
naturale, libera.
               Il mio fucile è appoggiato
all’albero che mi parla
              attraverso il giardino
                     della mia infanzia,
            parla con me che
       ancora non sono neanche una nozione,
ancor meno un concetto,
       all’interno di una visione di
             un ragazzino fantasma alla finestra,
che un tempo in seguito a uno scambio
         fu una fanciulla: entrambi in me
                 pietra che rotola:
giovane Primavera Blu,
giovane Miss Phoenix.

Note:

  1. intima essenza, Jack Hirschman utilizza qui il concetto di “inscaping” enunciato da G. M. Hopkins (frate gesuita britannico e poeta mistico del XIX secolo). Inscaping suggerisce la visione interiorizzata dell’essenza unica di ogni cosa.
  2. Têt, capodanno vietnamita.
  3. Da-Que, sillabazione vietnamita di Yahvé (Jéhovah).

J. Hirschman, L’arcano del Viêtnam, Multimedia 2017. Cura e traduzione di Raffaella Marzano.


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