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Alain Robbe-Grillet, Il voyeur, Nonostante 2013

 

“Era come se nessuno avesse sentito.
La sirena lanciò un secondo sibilo, acuto e prolungato, seguito da tre colpi lesti, d’una violenza da bucare i timpani – violenza gratuita e senza esito. Nessuna esclamazione, nessun accenno a indietreggiare, non più della prima volta; sui visi, non un solo tratto aveva tremato.
Una serie di sguardi immobili e paralleli, sguardi inquieti, quasi ansiosi, si aprivano un varco – tentavano di aprirsi un varco – lottavano contro quello spazio declinante che ancora li separava dalla meta. Una contro l’altra, le teste erano tutte tese in una posa identica. Un ultimo getto di vapore, denso e muto, tracciò nell’aria che le sovrastava un pennacchio – nemmeno apparso già svanito”.

Il voyeur è un romanzo in cui «le cose sono là», come dice lo stesso Robbe-Grillet. Niente da cercare o intuire dietro le apparenze, nessuna profondità da indagare. Un romanzo di superficie, in cui le pagine sembrano semplicemente registrare quanto il nervo ottico percepisce degli oggetti, investiti, sostiene Roland Barthes, di «un privilegio narrativo finora accordato ai soli rapporti umani». Il voyeur, infatti, non è un personaggio, ma quel particolare viaggiatore, quel voyageur che è lo sguardo, davanti a cui tutto è, semplicemente, esposto. Meglio, sovraesposto. Come in una fotografia in cui c’è troppa luce, nel romanzo, scrive Donata Meneghelli in prefazione, «il chiarore dissolve ogni cosa, prima fra tutte l’intrigo, l’evento». Come se il ritorno di un commesso viaggiatore sull’isola che l’ha visto bambino, fosse molto meno di un pretesto. Per Barthes, infatti, «ne Il voyeur non c’è più nessuna qualificazione della storia: essa tende allo zero, se ne può appena parlare, ancor meno riassumerla». Lo stesso evento – l’omicidio, vero o presunto che sia – al centro del romanzo, «è narrativamente messo in bianco», stinge, fino a diventare un punto vuoto. Poco importa infatti che del delitto di quella tredicenne, il cui corpo è stato ritrovato, nudo e martoriato, in mare, si dia una descrizione per sottrazione, al negativo, facendoci dubitare che esso sia realmente accaduto, che sia realmente stato commesso. Tutto il romanzo, scrive ancora Meneghelli, «galleggia – come quel corpo – in uno stato di indecisione, perennemente sospeso tra realtà e immaginazione, tra fatto e possibilità, tra passato e presente».

A. Robbe-Grillet, Il voyeur, Nonostante 2013. Con un saggio di Roland Barthes. Traduzione di Stefania Ricciardi. Prefazione di Donata Meneghelli.

Titolo originale: Le voyeur, Les Éditiond de Minuit 1955.

Alain Robbe-Grillet. Scrittore, sceneggiatore e regista cinematografico. Uno dei più importanti esponenti e teorici del Nouveau Roman, esordisce nel 1953 con Les Gommes, cui seguono Le Voyeur (1955) – premiato con il Prix des Critiques – e La Jalousie (1957), forse il suo romanzo più conosciuto. I suoi libri sono da subito apprezzati ed elogiati da personalità importanti quali Maurice Blanchot e Roland Barthes. Va ricordato il suo testo teorico più importante, Pour un nouveau roman (1963), una raccolta di saggi in cui si traccia la prospettiva e si tratteggia la fisionomia del “nuovo romanzo” a venire. Un orizzonte entro il quale si andranno a collocare, con sempre maggior rigore e radicalità le opere più tarde, fra le quali La Maison de rendez-vous (1965), Projet pour une révolution à New York (1970) e la trilogia autobiografica de Les Romanesques (tra 1985 e 1994).

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