Libri

Edmond Jabès, Dal deserto al libro. Conversazione con Marcel Cohen, Edizioni degli animali 2021

Nelle pagine di questa conversazione c’è, integro, Edmond Jabès. Con la sua voce. Con il tono di quella voce, che nel porgere quieto e quasi confidenziale portava l’interlocutore verso il fuoco di un domandare estremo, sospeso al di qua della risposta, al di qua della sicurezza nella risposta. Jabès aveva un modo di porgere – anche quando raccontava un particolare della propria esperienza di vita, e di scrittura – che toccava con leggerezza, senza alcuna postura da maestro, le grandi questioni dell’esistenza. Già nel suo dire, pensoso e mai gridato, mostrava quanto fosse grande la responsabilità dinanzi alla parola, a una parola che mentre diviene si fa interrogazione, e sguardo sull’umana condizione di spaesamento. Nelle sue parole, in quelle pronunciate e in quelle affidate alla scrittura, i pensieri si modulavano come immagini, le immagini nascevano già come pensieri, e questo secondo un movimento di graduale acquisizione non di certezze ma di domande, non di affermazioni ma di progressive rivelazioni.

dalla Prefazione di Antonio Prete

– Questa rivolta va più lontano: non solo lei rifiuta di fissare il testo, ma è chiaro che le accade di osteggiarlo, di leggerlo con l’occhio del nemico. Penso a quel passo di Aely dove, prestando la sua voce a personaggi immaginari, lei parlava, a proposito del Libro delle Interrogazioni, di «ingenuità spesso irritante», di «mediocrità». Il semplice fatto di riferire, in un’opera posteriore, questo giudizio «a freddo», dimostra, credo, che al momento di scrivere la questione per lei non è quella di apparire e che, in anticipo, lei accetta le «mediocrità». Meglio ancora: le rivendica.

– Sì, credo che scrivere sia anche scrivere mediocremente. Penso che in un testo non si debba cercar di tenersi lontano ad ogni costo dalla banalità. La banalità è un veicolo. È partendo di lì che si può andare in fondo. Senza di essa come faremmo a sapere che possiamo andare più in fondo? La banalità è la superficie; superficie da esplorare, poi da spaccare.
Max Jacob mi ha reso molto sensibile a questi problemi quando avevo solo vent’anni. Quando gli mostravo i miei scritti, li trovava ora «troppo stringati», ora «troppo fiacchi», ora «troppo lirici» («Leggi i classici per il loro pudore», mi scriveva) ora «troppo laconici» («Leggi Chateaubriand per la frase»). Solo molto più tardi ho capito che scrivere è scrivere insieme ampio e stringato. È anche talvolta scrivere mediocremente: la mediocrità che serve da appoggio all’immagine, al pensiero, mettendoli meglio in risalto.
Nel mio caso c’era da risolvere un altro problema: i miei libri non hanno luogo né tempo per la molteplicità dei personaggi e per le epoche diverse alle quali appartengono. A meno di sottolinearlo, come distinguere un personaggio del passato da uno contemporaneo?
Ho tentato di operare la distinzione attraverso i modi stessi della scrittura. Gli «antichi» dicono le cose più semplici; l’affermazione oggi ci sembra banale a forza d’essere ripetuta. Nel suo desiderio di novità, il contemporaneo sembra più originale.

dalla Conversazione

Teresa Iaria, Pour Edmond Jabès

  

E. Jabès, Dal deserto al libro. Conversazione con Marcel Cohen, Edizioni degli animali 2021. Prefazione di Antonio Prete. Con tre saggi di Gianni Scalia. Accompagnano il testo cinque immagini (inchiostro e acquerello su carta) dell’artista Teresa Iaria, Pour Edmond Jabès, e alcune fotografie.

Edmond Jabès (Il Cairo 1912-Parigi 1991), poeta francofono di origine ebraica, vissuto lungamente al Cairo, dove frequentò scuole francesi. Ebbe tra i suoi maestri Jean Grenier, Gabriel Bounoure e Max Jacob. Autore di un’opera che ha al centro della sua interrogazione, l’erranza, l’esilio, la Cabala, il Talmud, l’indissolubile coappartenenza di memoria e immaginazione, la prossimità del silenzio. Tra le sue opere tradotte in italiano ricordiamo: Le Canzoni per il pasto dell’orco (2004); i sette volumi del Libro delle interrogazioni (2015); i tre del Libro delle somiglianze (2011); Dal deserto al libro. Conversazione con Marcel Cohen (1983); i quattro volumi de Il libro dei limiti (1984-1992); Il libro dei margini (1986); La memoria e la mano (1992); L’inferno di Dante (2005); Il libro dell’ospitalità (2017).

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