Trasfusioni

Lettera di Fernando Pessoa a Mário de Sá-Carneiro, traduzione di Adriano Napoli

Lisbona, 14 marzo 1916

Mio caro Sá-Carneiro:

   Le scrivo oggi per una necessità sentimentale – un’ansia accorata di parlare con lei. Come si può desumere da questa lettera, io non ho niente da dirle. Solo questo: mi trovo oggi nel fondo di una depressione senza fondo. L’assurdo della frase parlerà per me.
Sono impaniato in uno di quei giorni svuotati di futuro. C’è solo un presente immobile circondato da una muraglia di angoscia. Mai potrò raggiungere il bordo opposto del fiume, che è perennemente dall’altra parte, e questa è l’intima ragione della mia sofferenza. C’è una barca per ogni porto, ma nessuna per attraversare la vita senza dolore, né tantomeno vi è un oblio in cui poter sbarcare. Tutto ciò è storia antica, ma la mia pena è più remota.
Nei giorni come questo, quando l’anima punge, io avverto chiaramente con tutta la coscienza del mio corpo, che continuo ad essere il bimbo triste su cui la vita ha infierito. Mi abbandonarono in un angolo da dove si sentivano feste e giochi. Ancora stringo tra le mani il giocattolo rotto che mi regalarono al colmo di un’ironia scadente. Oggi, quattordici marzo alle nove e dieci di sera, la mia vita è consapevole di meritare tutto ciò.
Nel giardino che scorgo tra le finestre abbassate del mio sequestro, rami penduli cadono dalle alte cime in una danza ondosa, e nemmeno l’idea di un me stesso in fuga può scrollarmi di dosso la fissità dell’ora.
Poco più o poco meno, questo, ma senza stile, è il mio stato d’anima adesso. Come la donna in attesa nel “Marinaio” mi ardono gli occhi, solo per aver pensato di piangere. La vita mi ha scavato a poco a poco, a piccoli sorsi, nei minimi interstizi. Tutto ciò sta scritto a caratteri minuscoli in un libro con la copertina che sta per scollarsi.
Se io non stessi scrivendo a lei, dovrei giurarle che questa lettera è sincera, e che le isterie che vengono alla luce qui sono emerse spontaneamente dal mio sentire. Ma lei si renderà ben conto che questa tragedia irrappresentabile pertiene a una realtà umilmente domestica – piena di qui e ora, che passa inosservata nella mia anima come il verde nelle foglie.
Per questo il Principe non regnò. Questa frase è interamente assurda. Ma in questo momento sento che le frasi assurde stimolano irresistibilmente al pianto.
Può essere che, se non affidassi oggi stesso questa lettera alla posta dell’indomani, nel rileggerla, esiterei a trascriverla a macchina, per incastonarne alcune frasi e sberleffi nel “Libro dell’Inquietudine”. Ma ciò non sminuirà la sincerità con cui la scrivo, né la dolorosa inevitabilità che me l’ha ispirata.
Queste le ultime notizie. C’è pure una guerra con la Germania, ma già prima di essa il dolore dilaniava. Sul rovescio della Vita, questo dev’essere la trama di una caricatura disegnata dal caso.
Ma non è questa vera follia, piuttosto la follia deve procurare un abbandono come nel soffrire, un godimento sottile dei trasalimenti dell’anima, non dissimili da essi.

De que cor será sentir?
Milhares de abraços do seu, sempre muito seu

Fernando Pessoa

   P.S. – Ho scritto questa lettera di getto. Rileggendola, mi accorgo che, decisamente, la ricopierò domani, prima di inviarla. Poche volte nella mia scrittura ho denudato così interamente il mio psichismo con tutte le sue attitudini sentimentali e intellettuali, con tutte le sue isterie, nevrastenie essenziali, con tutte quelle intersezioni e spigoli nella coscienza di sé che so tanto caratteristiche della sua personalità…
Lei me ne dà atto, nevvero?


Mário de Sá-Carneiro, Cartas a Fernando Pessoa, Vol. II, Ediçōes Ática, Lisboa 1992.

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