Trasfusioni

Inge Müller, Purché io non soffochi per il troppo tacere, a cura di Anna Ruchat

GRADINI

Ho scritto e scritto
Il verde nell’erba
Il mio pianto non ha bagnato la terra
Il mio riso
Non ha risvegliato i morti
Sono stata nella pelle di ognuno
Ora non urlerò più –
Purché io non soffochi per il troppo tacere

STUFEN // Ich schrieb und schrieb / Das Grün ins Gras / mein Weinen machte die Erde nicht naß Mein Lachen / Hat keinen Toten geweckt / In jeder Haut hab ich gesteckt. / Jetzt werde ich nicht mehr schrein / Daß ich nicht ersticke am Leisesein!

*

MASCHERE

Mi rifiuto di portare maschere
Mi cerco
Non voglio che voi mi scimmiottiate
Cerco il nostro volto
Nudo e mutevole.
Non le lacrime non le intemperie
Ci lavano via le larve
Nessun fuoco nessun Dio solo noi
Nella fossa scenderemo poi.

MASKEN // Ich weigre mich Masken zu tragen / Mich suche ich / Ich will nicht daß ihr mich nachäfft / Ich suche unser Gesicht / Nackt und veränderlich. / Nicht Tränen nicht alle Wetter / Waschen die Larven uns ab / Kein Feuer kein Gott wir selber / Legen uns ins Grab.

*

AMORE DOPO AUSCHWITZ

Era amore
Quando venni da te
Perché dovevo
Era amore quando me ne andai da te
Perché sapevo che
L’antica vergogna è falsa vergogna

Non fu d’aiuto Dio né uno starsi accanto

E andai. E tutto rimase uguale
Vedevo me e te
E guardavo gli altri
E ancora non bastava

Non fu d’aiuto separarsi

LIEBE NACH AUSCHWITZ // Das war Liebe / Als ich zu Dir kam / Weil ich mußte / Das war Liebe als ich von dir ging / Weil ich wußte / Die alte Scham ist falsche Scham // Da half kein Gott und kein Danebenstehen // Und ich ging. Und da war nichts getan / Ich sah mich und dich / Und sah die andern an / Und es reichte noch nicht // Da half kein Auseinandergehen

*

LA NOTTE ERA NERA
Come non lo è nessuna notte per natura
Quando il sole soltanto
Per un paio d’ore si
Sottrae ai nostri occhi
Quella notte era terra
Sopra il nostro grande sarcofago
Il fumo strangolava la città

DIE NACHT WAR SCHWARZ / Wie keine  Nacht ist von Natur / Wenn die Sonne nur / Für ein paar Stunden nicht / Vor unsern augen ist / diese Nacht war Erde / Über unserm großen Sarg / Rauch würgte unsere Stadt.

*

STO CON UN PIEDE NELLA FOSSA
Cosa faccio con l’altro
Ti devo pur accompagnare
Mi taglio via l’altro

ICH STEH MIT EINEM BEI IM GRAB / Was  mach ich mit dem zweiten. / Ich muß dich doch begleiten. / Ich hack das erste ab.


Inge Müller, Purché io non soffochi per il troppo tacere, a cura di Anna Ruchat.

 

Nota

IERI HO COMINCIATO
A ucciderti cuore mio
Ora amo il tuo cadavere
Quando sarò morto
La mia polvere griderà il tuo nome

Heiner Müller, Addii 2

 

Inge Müller, nata Meyer (1925-1966), cresce a Berlino-Pankow da genitori non abbienti (nonostante la madre di famiglia molto benestante) ma preoccupati della formazione della figlia, cui viene impartita l’educazione tipica di una ragazza di estrazione borghese: prende lezioni di danza, di pianoforte, impara ad apparecchiare la tavola… Poi però, nel 42/43, dopo che ha concluso la scuola di commercio, Inge viene reclutata nel “servizio per il Reich” e indossa la divisa della Wehrmacht. Alla fine della guerra, addetta alla difesa antiaerea, resta sepolta insieme a un cane – un pastore tedesco nero – sotto le macerie di una casa del centro di Berlino, da cui sarà estratta viva assieme al cane solo tre giorni dopo. I genitori di Inge nel frattempo sono morti per il crollo della loro casa e sarà lei stessa a estrarli dalle macerie per poi dar loro sepoltura in una fossa comune. Questa esperienza di distruzione e anche in qualche modo di colpa, di identificazione con il “male” del nazionalsocialismo, è il paradigma di tutta la poesia di Inge Müller; versi in cui lei è «in frantumi pur continuando a muoversi» come scrive Herta Müller nel bel libro La trappola (apparso nel 2010 per Sellerio, a cura di Federica Venier).
Quando incontra Heiner Müller nel 1953, Inge è già stata sposata due volte. Dal primo breve matrimonio con un compagno di scuola era nato il figlio Bernd, il secondo matrimonio l’aveva invece legata al direttore amministrativo del circo Carl Busch, uno dei più importanti in Germania. In quegli anni Inge Mayer diventerà una scrittrice per bambini molto conosciuta, ma solo all’inizio degli anni Cinquanta comincerà a ripercorrere le tragiche esperienze di guerra e a scrivere versi. Dopo l’incontro con Heiner Müller, che dal 1955 diventerà suo marito, il suo nome sarà piuttosto legato alle opere teatrali che scrivono insieme (tra le altre Die Korrektur [La correzione], Der Lohndrücker [Lo stacanovista]). Nel giugno del 1961 comincia tuttavia un periodo di grande difficoltà per Inge e Heiner Müller: risentiranno entrambi dell’isolamento sociale e delle difficoltà economiche seguite alla prima rappresentazione della Umsiedlerin, un’opera tratta da un racconto di Anna Seghers e da subito dichiarata “ostile allo stato”. In quegli anni difficili l’alcol prende un ruolo centrale nella vita di Inge Müller, che, dopo la pausa dedicata al teatro, ricomincia a scrivere versi. Il tema della morte e sempre più anche la morte stessa in forma di tentato suicidio segneranno gli anni dal 1962 al primo giugno del ’66 quando il marito rientrando a casa trova la moglie sul pavimento, uccisa dal gas e dai sonniferi.
Con lo sguardo rivolto all’indietro, verso quell’ora zero che la vede “sopravvissuta per caso”, Inge Müller «prende su di sé quello che l’intera generazione della guerra dopo il 1945 nasconde» e rivendica nei suoi versi, seppure sommessamente, un punto di vista soggettivo, rifiutandosi, in quella DDR tutta proiettata in avanti, di aderire al paravento del “collettivo”. Testimonianza di una vita coraggiosa, scriverà Heiner Müller nel 1968 in una nota al volume Wenn ich schon sterben muß [Se proprio devo morire], le poesie di Inge Müller sono caratterizzate da uno sguardo che, opponendosi al cambiamento, “fa saltare la forma”. Non c’è riscatto infatti, per Inge Müller, ma solo un ripetere la distruzione dentro i versi, il mondo stesso è macerie che non si risollevano, macerie è l’essere umano e le parole non possono che andare in frantumi, spezzare il ritmo, per faci arrivare a quella profonda emozione che scuote e che non sopporta nessuna forma, a volte nemmeno la pur familiare, ironica asciuttezza brechtiana.
La scelta qui proposta è tratta dal volume che raccoglie tutta l’opera salvo i racconti per bambini di Inge Müller, Daß ich nicht ersticke am Leisesein [Purché io non soffochi per il troppo tacere].

Anna Ruchat

3 thoughts on “Inge Müller, Purché io non soffochi per il troppo tacere, a cura di Anna Ruchat

  1. Ringrazio moltissimo per questa proposta; voci (e storie) come quella di Inge Müller andrebbero meglio conosciute e meditate. Ho apprezzato anche la strutturazione del “post”: dai testi in versi (con la versione originale in calce) agli eloquenti cinque versi di Heiner Müller, alla nota su Inge si coglie molto bene l’articolazione di una vicenda esistenziale e artistica ferita e dolorosa, ma anche coraggiosa e generosa.

  2. Uno specchio dei nostri tempi, paradossalmente si parla troppo e le parole tendono a soffocare per effetto della iperproduttività ridondante di parlare per parlare.

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