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Anna Ruchat, Spettri familiari, Ibis 2023

 

“Chissà cos’è questa convocazione, se è per l’eredità non posso pretendere niente, mi faccio i fatti miei da troppi anni. Alla fine non sono nemmeno andato a trovare il vecchio in ospedale e men che meno a casa. A dire il vero non mi aspettavo che finisse così in fretta. Erano anni che sembrava sul punto di andarsene. Una specie di ricatto continuo al quale ero deciso a sottrarmi. E ora c’è questa convocazione. Potrebbe saltar fuori di tutto.
Tanto c’è Giovanni, mi dicevo, fa il suo mestiere, loro si capiscono. Che poi era vero solo in parte. So bene che Giovanni era schiacciato dal vecchio, “non vedo, non sento, non parlo”, questo gli aveva insegnato la mamma, e lui aveva continuato a servirlo e riverirlo con abnegazione. Per fortuna si smarcava da lui a casa, in famiglia. La moglie, un po’ un generale, gli ha sempre imposto ordine e disciplina, gli ha dato compiti e orari, e questo, ho l’impressione, lo ha fatto sentire più sicuro e gli ha permesso negli ultimi anni almeno, di dire anche qualche no al vecchio. Certo, avrei dovuto parlargli allora, quando eravamo ragazzi e lui ancora ribelle.
Quando eravamo bambini papà c’era poco, andava e veniva, sempre con la borsa in mano. Ma se era presente occupava ogni spazio. Persino la casa subiva un tracollo quando c’era lui: mozziconi di sigarette, bicchieri, capi di vestiario abbandonati ovunque. Un codazzo di persone adoranti. Noi bambini eravamo poco più che delle ombre per quelle persone, e a volte anche per lui. Ricordo che spesso la sera andava alle riunioni della gloriosa VPOD Burghölzli, dove credo bevessero e fumassero parecchio, perché poi la mattina, a colazione, la mamma ce l’aveva sempre con lui. Ma lui non ascoltava gli altri, men che meno la mamma. Papà era abituato a far trottare tutti quelli che si prestavano al suo gioco, e ha sempre trovato, in ogni fase della sua vita, dei seguaci, persone che si sentivano “onorate” dalle sue attenzioni e che, per periodi più o meno lunghi, si lasciavano manipolare da lui senza opporre la minima resistenza.
Io, per sottrarmi, me ne sono andato e ho troncato ogni rapporto. Temevo di cadere nel suo cerchio magico. Oltretutto, dopo la morte della mamma, la sua malattia rendeva le manipolazioni più efficaci e me più vulnerabile. L’ho evitato fino all’ultimo e so che lui chiedeva di me. In fondo era anche mio padre, ma la paura è stata più forte della pietà.
Giovanni mi ha detto che nelle ultime settimane tutto gli era indifferente. All’ospedale gli avrebbero permesso di restare. Non si rifiuta una stanza singola nel più grande ospedale universitario del Paese a un collega in quelle condizioni (e con quella copertura assicurativa). Ma il gioco della vita, lo vedeva bene anche lui, era chiuso ormai, e chi più di lui ha giocato con la vita?
Per qualche giorno, dopo la sua morte, mi sono illuso che ogni raggiro, ogni segreto, sarebbe sparito con lui. E invece questa convocazione rischia di tirare tutto fuori, proprio ora che tutto sembrava finito, il rovescio nascosto della nostra “normalità”. Io mi sono sempre sentito indipendente, forse perché sono l’ultimo di tre fratelli, forse perché non ho figli, ma non so se sono pronto al crollo della facciata.”

Spettri familiari è il romanzo di una famiglia normale, normalmente segnata da ipocrisia e tacite reciproche coperture. Suddiviso in due parti, la prima ambientata negli anni Ottanta del Novecento, la seconda ai nostri giorni, si sviluppa su più piani narrativi: al racconto in terza persona si alternano taccuini, lettere, architetture morte e nella seconda parte la voce in prima persona dei protagonisti. La geometria della struttura e il teatro delle cose inanimate fanno emergere in filigrana i sobbalzi dell’esistenza.

Dalla quarta di copertina

A. Ruchat, Spettri familiari, Ibis 2023.

Anna Ruchat (Zurigo, 1959) traduttrice e scrittrice. I suoi esordi letterari sono legati alla traduzione, in particolare, quella de Il respiro e Il freddo di Thomas Benhard. Da allora ha tradotto molti scrittori di lingua tedesca, tra cui Friedrich Dürrenmatt, Victor Klemperer, Nelly Sachs, Paul Celan, Mariella Mehr, Christine Lavant, Heinrich Böll. Inizia la sua attività di scrittrice nel 2004. Con la raccolta di racconti Gli anni di Nettuno sulla terra (Ibis, 2018) si aggiudica il Premio svizzero di letteratura 2019. Da ultimo ha pubblicato La forza prigioniera (Passigli, 2021).

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