Franz Kafka
La debolezza fondamentale dell’uomo non è quella di non poter vincere, ma di non poter approfittare della propria vittoria. La giovinezza vince tutto, l’inganno primario, le più nascoste diavolerie, ma non c’è nessuno che possa valersi di quelle vittorie, che possa renderle vive, perché allora è già passata anche la giovinezza. La vecchiaia non osa più toccare tali vittorie, e la gioventù nuova, impegnata da un novello, immediato assalto, vuole conquistare la sua vittoria personale. Così il demonio viene sempre sconfitto, ma mai annientato.
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La vita è un continuo sviamento, che non ci lascia nemmeno capire da che cosa ci svia.
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Quanto sia grande la sfera della vita si può capire da questo, che da un lato l’umanità, fin dove arriva la sua memoria, strabocca di parole, e che, d’altro canto, si può solo parlare dove s’intende mentire.
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Confessione e bugia sono la stessa cosa. Per poter confessare, si mente. Ciò che si è non lo si può esprimere, appunto perché lo si è; non si può comunicare se non ciò che non siamo, cioè la menzogna. Solo nel coro ci potrebbe essere una certa verità.
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L’uomo è un’enorme palude. Quando lo prende l’entusiasmo è come se in un punto di quella palude vedessimo tuffarsi nell’acqua verde una piccola rana.
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Se anche uno solo fosse capace di fermarsi una parola prima della verità; tutti, invece (anch’io in questa massima), la travolgono con centinaia di parole.
F. Kafka, Confessioni e diari, I Meridiani Mondadori 2013. A cura di Ervino Pocar.