Lewis Turco, due poesie da The shifting web, a cura di Stefano Bottero
EPISTOLE
Ti sto scrivendo
da un baratro. È davvero buio
qui. Vedo molto poco.
Sto incidendo questa lettera su un sasso.
Dove sei? È passato tanto tempo.
Grazie per la tua lettera.
Io non so dove mi trovo.
Credo che potrei
asserti accanto. Non è buio
qui. La luce mi ha accecato.
LA SOFFITTA
Oggetti, l’opera di polveri e di mosche estive, al piano di sopra oltre le
altre stanze, abbandonate dove sono state costruite sotto le coperte
di tronchi. Le piccole cose, autentica arte di ombre che vanno a dormire
nelle scatole: vestiti e camicie indossate secondo stagione ai rispettivi balli
e matrimoni; i giocattoli con cui giocano i topi; specchi che riflettono
sulla solitudine; corde e forbici.
Al piano di sotto l’Abitante si muove lentamente tra le stanze in ordine; sua
moglie è un conforto, il suo bambino attira piccoli guai, e il gatto è
amabile per la maggior parte del tempo.
Nella soffitta c’è tranquillità; la pioggia tocca il tetto e ricade lentamente
dalle grondaie.
Se l’Abitante ci si introduce a orari assurdi non si accorge della
macchina tra la confusione. Resta immobile in un angolo nascosta da
uno scaffale di vestiti in scale di marrone e di giallo, da un fiore rosso
che si ristampa ancora e ancora su un rivestimento che appassisce tra
le travi inclinate.
Lui è tiepidamente sorpreso dalle quantità di piccole cose. Certe volte è
complicato ricordare: una fotografia in una cornice dorata, un nastrino,
lo scorrere di una persona.
*
EPISTLES
I am writing you
from a pit. It is quite dark
here. I see little.
I am scratching this note on a stone.
Where are you? It has been long.
Thank you for your note.
I do not know where I am.
I believe I may
be with you. It is not dark
here. The light has blinded me.
THE ATTIC
Things, the work of dust and summer flies, upstairs over the
other rooms, lying where they were created under the covers
of trunks. The mathoms, original art of shadows drowsing in
boxes: dresses and shirts worn by the seasons at their balls
and weddings; the toys mice play with; mirrors reflecting
upon solitude; cords and scissors.
Downstairs the Inhabitant moves slowly among orderly rooms; his
wife is a comfort, his child little trouble, and the cat is
kindly for the most part.
In the attic it is quiet; rain touches the roof and falls slowly
from the eaves.
If the Inhabitant intrudes at odd times he does not notice the
machine amid the clutter. It stands in a corner behind a
rack of clothes in shades of brown and yellow, a red flower
printing itself now and again on some fabric fading into
the slanted beams.
He is mildly surprised by the numbers of mathoms. At times it
is hard to remember: a photo in a gilt frame, a ribbon,
someone’s scroll.
Lewis Turco è nato nel 1934. È un ex militare, poeta e accademico americano. Ha fondato nel 1962 il Cleveland Poetry Center, oggi gestito dalla Cleveland State University. Ha pubblicato raccolte di poesia, saggi di teoria letteraria e studi di cultura umanistica. Dal 2012 è membro onorario del movimento Immagine & Poesia.
Il volume The shifting web (The University of Arkansas Press, 1989) raccoglie al suo interno poesie scritte tra il 1957 e il 1989. “Epistles” e “The attic” appaiono già in The Inhabitant e Seasons of the Blood. Contrapponendosi a un gusto imperante, fin dalle sue prime pubblicazioni negli anni Sessanta Turco rifiuta l’utilizzo del verso libero, a favore di una solida e precisa attenzione formale. La sua opera, densa di un nichilismo autenticamente novecentesco, è considerata un simbolo da molti letterati statunitensi della sua generazione.