Marco Ercolani, Sindrome del ritorno, Il Convivio 2025
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Analizzare le parole per strati, cercarne i sensi multipli fra le idee. Mappe stellari? Vicine, si srotolano scricchiolando. L’infinito? Invitalo ad entrare: gli farà bene stare in mezzo alla gente, a questa folla rumorosa. Scrivi un non-libro in questa Osteria: è piena di balordi che hanno voglia di ubriacarsi. Raccogli frammenti, dal monologo al microracconto, dalla prosa all’appunto, raccogli le pagine del tuo Journal interiore, dove sogni, ricordi, invenzioni, sono i mattoni comuni della stessa casa, sono le tue prose buie, che hanno familiarità con le zone oscure della mente, e producono risonanze musicali tra aggettivo e nome. Un io volatile e trasversale si trasfonde da una prosa all’altra, intonando i suoi temi ossessivi. Nel tuo rapporto personale con quanto vai scrivendo, per come questi frammenti sono venuti alla luce e per come li hai ricomposti insieme, non puoi che dire sì come un asino alle parole di Bohumil Hrabal: «Qualsiasi cosa abbia scritto è come se l’avesse scritta qualcun altro». Come sarebbe bello se, quando un uomo chiude gli occhi per sempre, i suoi familiari intonassero sereni un inno alla luce, magari proprio lì, all’Osteria degli Archi.
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Esisti qui, ma vivi là. Esiti qui, ma ti incarni laggiù. Aspetti che, aperta la finestra, un gruppo di voci bisbigli il tuo nome. Essere in esilio dalla vita e non essere morto. Il testimone deve leggere, tradurre, ricordare: non ha tempo per la propria vita, che gli serve come l’oboe serviva a Bach per i suoi concerti. Io sono Nessuno. Tu chi sei? Nessuno anche tu? Allora siamo in due! Non dirlo! Potrebbero spargere la voce! Che peso essere Qualcuno!
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La nota del taccuino e la nota musicale ti indicano la stessa verità: sono segni di una composizione. Segni che qualcosa avviene. Tieni al minimo i rumori esterni. Prìvali del senso con cui li interpreta il mondo. Resta al margine di tutto perché tutto fluttui nel vuoto. Tu non puoi tacere. Non è di questo che vorresti parlare? Tu vai da una casa all’altra. Tu sei uno e due. Non hai ucciso, non hai rubato. Tu scrivi. Ma l’immagine del delitto è nella tua mente. I due corpi nel vicolo: uno curvo, nella posizione dell’assassino, uno supino, nella posizione della vittima. E poi l’incontro, l’attimo fatale. Dopo, nulla. Perché nessun attimo è fatale e nessuno muore definitivamente. Ogni racconto è un masso che trascina giù, nel fondo. Sembra liberarti, invece ti si attacca al collo e tu non puoi nulla, vai sempre più giù, dentro il segreto, dentro un mondo nero, amorfo, un deserto che brilla di bagliori lunari, e complichi la storia, arricchisci le ipotesi, diventi leggero, come sono leggeri i respiri di Ecate. Ma quando sarai nel deserto capirai. In fondo al deserto non c’è nulla di lieve: solo una statua quadrata e terribile, che sotterrano d’estate e dissotterrano d’inverno. La pietra è divisa in quattro parti: la chiamano Coaticlue. In lingua azteca significa pietra-pensiero o pensiero-pietra.
M. Ercolani, Sindrome del ritorno, Il Convivio 2025.
Marco Ercolani (Genova, 1954) è psichiatra e scrittore. Collabora con molte riviste letterarie e dirige il blog “Scritture”. Per la narrativa ha scritto: Col favore delle tenebre (Coliseum, 1987), Preferisco sparire: colloqui con Robert Walser (Robin, 2014), L’età della ferita (Medusa, 2022). In poesia e aforistica: Il diritto di essere opachi (La vita felice, 2010), Sentinella 2010-2022 (L’arcolaio, 2022), Nottario 2015-2021 (iQdB, 2023). Nel 2024 per Macabor ha curato antologia e testi critici per Angelo Lumelli (La poesia incessante) e per Lorenzo Pittaluga (L’enigma della voce). Con Lucetta Frisa, oltre ad aver scritto libri in coppia, dirige la rivista “Arca” e “La foce e la sorgente” e la collana “I libri dell’Arca” per le edizioni Joker. L’intera biografia e presente all’interno del volume.