Fascinazioni

Carlo Levi

 

III. La storia è presente

Ho sempre pensato e sentito che una delle ragioni per cui il nostro paese, l’Italia, ci è così cara, […] è in un suo carattere fondamentale, che le deriva da tutta la sua storia. Questo carattere si potrebbe definire come il senso della infinita contemporaneità del tempo: la presenza e persistenza cioè in essa, nella sua vita attuale, nel suo più quotidiano e fuggevole presente, di tutti i tempi, di tutta la storia, e di quello che è prima della storia stessa; e il fatto che questa persistenza non è soltanto un ricordo, un simbolo, una immagine perduta, una nostalgia, un’ombra subcosciente e mai espressa e rivelata, ma invece una infinità di fatti, di cose corporee, di gesti, di parole, di immagini reali, di persone, di condizioni umane, di parole significative e nell’ora di oggi sonore, che escono da bocche vive, di costumi, di abitudini, di pensieri, di ricordi dell’arte e del linguaggio: di realtà, insomma, che sono insieme attuali e antichissime, che si svolgono in tempi diversi e lontani, e che acquistano perciò la profonda molteplicità e l’ambiguità assoluta che è propria della poesia. […]
Questa presenza storica è una virtù, che tuttavia costa cara, poiché tiene il nostro paese lontano dalla potenza, dalla uniforme efficienza delle grandi nazioni moderne, fondate su una rottura, una negazione di tutta la storia o di una sua parte, necessaria ai profondi e creativi rivolgimenti da cui esse sono nate. […] L’anteporre il senso della eternità storica a quello del progresso, non impedisce il progresso, e lo fa anzi più vero e differenziato, se esso si svolga naturalmente, sotto il segno della libertà. Ma, ahimè, questo carattere così difficile e pericoloso, ma così vivo, della presenza storica, ha il suo rovescio, la sua caricatura, che lo rende, quando avviene che prevalga, del tutto negativo, e realmente reazionario e anacronistico. Questa caricatura è la pretesa di mantenere a forza le istituzioni del passato, o di risuscitarle quando esse sono già sepolte, interrompendo quello spontaneo sviluppo che, senza rinnegare nulla di quello che è vivo, modifica liberamente le cose, permettendo alla storia di essere presente, senza soffocarla né contraddirla, nella mobile vita dell’oggi. […]
Per un paese fatto di storia, nulla è più pericoloso che una classe politica priva di senso storico. Certe cose sono fuori posto, anche in un paese dove c’è posto per tutto. L’incanto unico della contemporaneità dei tempi, che fa così bella e amabile l’Italia, si oscura quando si vogliono stravolgere i tempi, e correre al rovescio le vie della storia. […]

 


C. Levi, Le mille patrie. Uomini, fatti, paesi d’Italia, Donzelli 2015. Prefazione di Guido Crainz.

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