Nicola Cusano, La dotta ignoranza, Città Nuova 1998
La mente umana è, infatti, capace solo di distinguere, numerare delimitando una cosa dall’altra entro la sua particolare misura individuale e limitata. La mente numera i finiti con i loro più e meno, i loro eccessi, i loro gradi; coglie una verità approssimativa o approssimata; impone i nomi alle cose istituendo le distinzioni e individuando una cosa rispetto all’altra. Per questo la teologia positiva non è appropriata per cogliere l’assoluto, nasce dalla capacità distintiva della ragione, si muove nella pluralità e nella diversità. La teologia positiva afferma la verità per distinzione e non per l’unità ed eguaglianza che è Dio. Pertanto, come dice anche Ermete Trismegisto (Dotta ignoranza, lib. I, 24), poiché Dio è l’universalità di tutto, nessun nome gli è appropriato, giacché bisognerebbe che Dio fosse chiamato con tutti i nomi e con nessuno. Se applicassimo a Dio i nomi positivi, quelli che attribuiamo alle cose del mondo, cadremmo nell’idolatria, afferma, perché rimarremmo sempre nell’ambito del finito, del relativo, del limitato, ossia attribuiremmo a Dio quegli attributi che non gli sono propri perché sono desunti dalle creature.
Così la teologia negativa è più appropriate per esprimere la verità di Dio, precisione assoluta. Ma teologia negativa non vuol dire negazione delle facoltà conoscitive umane, il loro annullamento: significa invece superare le regole dell’intelletto stabilite dalla logica e dalla metafisica centrate sul principio di non-contraddizione e del terzo escluso elaborati da Aristotele. Il più grande errore, afferma Cusano, che è stato fatto da Aristotele, è stato quello di escludere nella sua logica la nozione di «terzo», cioè la relatio, il nesso trinitario: il rapporto di uguaglianza che unisce l’uno a se stesso, così come Cusano lo intende. […]
Dall’introduzione
Altissima celebrazione della ragione e della dignità dell’uomo fondata sulla fiducia nel dialogo tra Dio, l’uomo e il mondo: la fortuna postuma de La dotta ignoranza, l’opera più nota di Nicola Cusano, eminente pensatore medievale e precursore ideale di Copernico e di Galilei, rende merito a un filosofo “perdente” nel suo tempo e quasi profetico agli occhi dei moderni. Una summa della sapienza medievale e una lezione di attualità.
Dalla quarta di copertina
N. Cusano, La dotta ignoranza, Città Nuova 1998. A cura di Graziella Federici Vescovini.